Hayashi, una ricetta giapponese a base di carne con riso
Hayashi: un piatto fusion tra la cucina orientale e occidentale
L’Hayashi Rice è un piatto che incarna l’essenza della fusione culturale tra la cucina occidentale e quella orientale, è una pietra miliare della gastronomia giapponese moderna. Seducendo con la sua salsa vellutata e profonda e la carne stufata al punto giusto, questo piatto yōshoku (stile occidentale) offre un viaggio sensoriale attraverso la storia e l’innovazione culinaria giapponese.
Partendo da una base di riso caldo e confortante, ogni boccone del Hayashi Rice è un’esplorazione di sapori armonici e contrastanti che promettono di deliziare il palato di buongustai e novizi della cucina nipponica. Nell’articolo che segue, scopriamo le origini di questo piatto amato, come si è evoluto nel tempo e come ognuno può ricrearne la magia nella propria cucina.
Ricetta hayashi
Preparazione hayashi
- Per la preparazione dell’Hayashi iniziate sciacquando il riso sotto l’acqua corrente.
- Poi scolatelo e sgranatelo accuratamente per eliminare le impurità, dopodiché copritelo con l’acqua. Il rapporto deve essere di 2 a 1, ovvero 200 millilitri di acqua per 100 grammi di riso, dunque, in questo caso, dovrete versarne un litro.
- Accendete a fiamma alta e portate ad ebollizione con il coperchio appoggiato (la pentola non deve essere completamente chiusa).
- Appena l’acqua bolle, aggiungete il sale e un goccio di olio di sesamo.
- Dopo 5 minuti, togliete il coperchio e proseguite la cottura per altri cinque minuti con la pentola scoperta.
- Trascorso questo lasso di tempo, se il riso ha realmente assorbito tutta l’acqua, rimettete il coperchio e spegnete la fiamma lasciandolo per circa 10 minuti.
- Poi sgranate il riso con la forchetta e lasciate che si raffreddi.
- Ora immergete i funghi secchi nell’acqua calda e aspettate che si ammorbidiscano (per i porcini è necessaria una mezz’oretta).
- Sbucciate le carote e fatele a tocchetti, invece realizzate un trito con le cipolle. Soffriggete leggermente le verdure con un po’ di olio, poi unite lo spezzatino di manzo e fatelo rosolare.
- Ora integrate la salsa di soia, un po’ di zenzero grattugiato, i funghi e la salsa di pomodoro.
- Cuocete il tutto aggiungendo un po’ di acqua, se vedete che il contenuto della padella è troppo asciutto. Infine, impiattate sistemando il riso in una parte del piatto (circa la metà) e lo spezzatino nella parte rimanente.
Ingredienti hayashi
- 500 gr. di riso Basmati
- 400 gr. di spezzatino di manzo
- 100 gr. di funghi secchi Shiitake
- 150 ml. di salsa di pomodoro
- 1 cipolla
- 1 carota
- un pezzettino di zenzero fresco
- 2 cucchiai di olio di sesamo
- 3 cucchiai di salsa di soia
Le origini e l’evoluzione dell’Hayashi
Il Hayashi Rice, conosciuto anche come Hashed Beef, ha origini nell’era Meiji (1868-1912), quando il Giappone aprì le sue porte all’Occidente. Gli chef giapponesi iniziarono a sperimentare ingredienti e tecniche straniere, adattandole ai gusti locali. La salsa demi-glace, portata in Giappone dai cuochi francesi, divenne la base per questo piatto, con l’aggiunta di salsa di soia e altri ingredienti locali per una fusione perfetta.
Oggi il Hayashi Rice viene spesso personalizzato con l’aggiunta di funghi, piselli e altre verdure. Alcuni chef giocano con spezie diverse o aggiungono ingredienti come il cioccolato amaro per una complessità aggiuntiva. Il riso stesso può variare, con alcuni che preferiscono basmati o integrale per una nota diversa.
Il Hayashi Rice rappresenta la convergenza tra la tradizione giapponese e gli influssi occidentali, un piatto che è riuscito a mantenere la propria identità pur adattandosi al cambiamento dei palati. La sua capacità di confortare l’animo e soddisfare il gusto lo rende un classico senza tempo, un punto fermo nei menu dei ristoranti yōshoku e nelle case in tutto il Giappone. Provarlo significa non solo gustare un piatto ricco di storia, ma anche immergersi in una cultura che non smette mai di sorprendere.
Hayashi, un piatto completo ma leggero
La cucina giapponese regala spesso sorprese anche quando propone piatti all’apparenza semplici come l’Hayashi, tecnicamente un secondo piatto di carne accompagnato dal riso (che nelle culture orientali fa le veci del nostro pane). Nella sostanza si tratta di un piatto unico che, fenomeno più unico che raro quando si parla di carne, unisce nutrimento e leggerezza. D’altronde, la leggerezza è un po’ la cifra della cucina giapponese, che non a caso viene considerata una delle più salutari al mondo. Un altro elemento caratterizzante è la presenza, frequente e in contemporanea, della carne e delle verdure.
L’Hayashi, d’altronde, contiene la cipolla e la carote, che vengono gestite secondo un approccio che va oltre la preparazione del soffritto. Altri ingredienti caratterizzanti sono i funghi e la salsa di soia. Per quanto riguarda il riso, il consiglio è di utilizzare il Basmati, che è migliore quando la cottura è “a secco”, ovvero non prevede l’impiego di altri ingredienti. Il Basmati, inoltre, è una delle varietà più cariche di sapore e profumate. Per inciso, il riso va preparato “alla giapponese”, ossia non va tostato, bensì lavato accuratamente, asciugato e bollito nell’acqua, prima a pentola scoperta e poi con il coperchio.
Il riso giapponese, detto uruchimai, è corto e appiccicoso, perfetto per accompagnare piatti come Hayashi rice o Oyakodon. Va lavato più volte, fino a quando l’acqua diventa limpida, per eliminare l’amido in eccesso. La cottura ideale è in pentola con assorbimento completo dell’acqua, seguita da un riposo di dieci minuti a fuoco spento, che lo rende morbido e lucente.
Quali funghi utilizzare per l’Hayashi?
Molti piatti di carne prevedono l’impiego dei funghi, e l’Hayashi non fa differenza. La domanda da porsi però è: quali funghi utilizzare? Il consiglio è di adottare un approccio “giapponese” e optare per i funghi tipici della cucina nipponica, ossia gli shiitake. Essi si caratterizzano per la regolarità delle forme, colori brillanti e per una morbidezza spiccata accompagnata da un sapore delicato e aromatico. Allo stesso tempo, però, sono davvero nutrienti, infatti sono ricchi di ferro, magnesio, potassio, calcio, fosforo e zinco. Contengono anche tante vitamine, e in particolare la vitamina D e quelle del gruppo B.

Sono consapevole, però, di quanto sia difficile reperire degli shiitake freschi in Italia, dunque vi presento una comoda alternativa, il fungo porcino. E’ uno dei funghi preferiti dagli italiani, spicca per la sua versatilità, sebbene dia il meglio di sé nella preparazione di primi e secondi. A dire il vero, il suo sapore è più corposo e rustico rispetto a quello degli shiitake, tuttavia si rivela un valido sostituto. Ovviamente il piatto perderà una po’ del suo spirito nipponico.
Il fondamentale ruolo dello zenzero
Lo zenzero fa la sua comparsa a fine preparazione dell’Hayashi, quando la cottura dello spezzatino è già a buon punto. Tuttavia, genera un impatto significativo sul risultato finale. Lo zenzero è realmente in grado di incidere dal punto di vista organolettico. Il merito va al suo intenso sapore, basta una manciata per caratterizzare fortemente un piatto, a prescindere dai sentori in gioco, che in questo caso sono delicati fino ad un certo punto.
Lo zenzero è una spezia nel vero senso della parola, sicché le sue proprietà nutrizionali sono così nobili da sfociare nel terapeutico. Oltre ad esercitare una funzione digestiva e carminativa, lo zenzero si impone come antinfiammatorio naturale. Alcuni lo associano addirittura ai FANS in virtù di questa caratteristica. Di certo, agisce anche sull’apparato cardiocircolatorio in una prospettiva di anti-ipotensione. Dunque, lo zenzero può essere considerato un efficace stimolante. L’idea originale di questa ricetta l’ho trovata su Japan Centre.
L’Hayashi rice, grazie al suo gusto intenso e leggermente dolce, si abbina bene a bevande fresche e fruttate. Un tè verde leggero, come il Sencha, ne bilancia la componente sapida. Anche una birra chiara giapponese, come l’Asahi, è perfetta per contrastare la ricchezza del sugo. Per chi preferisce il vino va bene un ottimo Pinot Nero, servito a temperatura leggermente fresca.
Ricette di piatti giapponesi, ecco le meno conosciute
La cucina giapponese gode di ottima fama qui in Italia, tuttavia sono giunte a noi solo alcune ricette dal taglio commerciale. Per scoprire la cucina giapponese più autentica è necessario scavare a fondo nella cultura gastronomica del Sol Levante. A quel punto si entrerà in contatto con una cucina decisamente fuori dal comune, almeno agli occhi di noi mediterranei.
Una ricetta poco conosciuta, ma in grado di incarnare a pieno lo spirito della cucina giapponese, è l’Oyakodon, letteralmente “ciotola genitore e figlio”, perché combina pollo e uova serviti su riso. E’ un piatto semplice e rassicurante, tipico delle mense o delle case giapponesi, simbolo di equilibrio e affetto familiare. In questa ricetta la carne di pollo viene cotta in un brodo leggero di dashi, salsa di soia e mirin, poi viene completata con uova sbattute che si rapprendono parzialmente, creando una consistenza morbida e avvolgente.
Vale la pena citare anche l’Okonomiyaki, spesso definito la “pizza giapponese”. Si tratta di una frittella salata a base di cavolo, uova e farina, arricchita con ingredienti diversi a seconda della regione: gamberi, maiale, calamari o verdure. Viene cotta su una piastra e servita con maionese giapponese e salsa okonomiyaki, simile al ketchup ma più densa e saporita. Il nome stesso significa “come ti piace”, infatti ogni famiglia ha una sua versione.
Un’altra curiosità gastronomica è rappresentata dal Chawanmushi, un budino salato cotto a vapore, a base di uova e brodo dashi. All’interno si trovano funghi shiitake, pollo, gamberi o ginkgo biloba. La consistenza è liscia e delicata, mentre il sapore è estremamente raffinato. E’ una delle preparazioni più eleganti della cucina giapponese, che viene spesso servita nei menu kaiseki, o nelle cene formali a più portate.
Vale la pena nominare anche un dolce, ovvero il Kuzumochi. Si tratta di un dessert a base di amido di kudzu, una pianta selvatica che si presenta come una gelatina traslucida. Questo dolce viene servito con sciroppo di zucchero di canna e farina di soia tostata. E’ leggero, rinfrescante e rappresenta una delle espressioni più sobrie della pasticceria giapponese.
Cosa usare al posto della salsa di soia?
La salsa di soia ha un sapore molto forte, per questo ad alcuni non piace. Quindi, cosa usare al suo posto? Si può usare il tamari, una salsa ottenuta sempre dalla fermentazione della soia ma priva di grano, quindi capace di esprimere un sapore più morbido e meno salato. E’ perfetta per chi cerca un condimento simile ma più equilibrato.
Un’altra opzione è il coconut aminos, ricavato dalla linfa dei fiori di cocco fermentata. Esprime un gusto dolce-salato e una nota leggermente fruttata, ideale per piatti a base di verdure o carne bianca. È inoltre privo di glutine, quindi adatto a chi segue una dieta specifica.
In alternativa si può realizzare in casa un condimento simile mescolando salsa Worcestershire, un po’ di aceto di mele e un pizzico di miele. Il risultato sarà una salsa meno intensa ma comunque saporita, perfetta per marinature e wok di verdure. Chi ama le soluzioni più delicate può provare una salsa a base di miso bianco diluito con acqua e un filo di olio di sesamo. Questo sostituto trasmette una nota umami complessa, ma meno invadente rispetto alla soia.
FAQ sul Hayashi
Qual è la differenza tra Hayashi rice e curry giapponese?
Entrambi sono piatti in umido serviti con riso, ma l’Hayashi ha una base di pomodoro e vino rosso, mentre il curry giapponese è speziato e più denso. L’Hayashi è meno piccante e ha un sapore più europeo, con note dolci e umami che ricordano lo stufato francese.
Come si prepara il dashi, il brodo base giapponese?
Il dashi si ottiene portando a ebollizione acqua con kombu (alga essiccata) e katsuobushi (fiocchi di tonno essiccato); dopo pochi minuti si filtra il tutto. È un brodo limpido e leggero, che dona un sapore umami e serve come base per zuppe, salse e piatti al vapore.
Quali sono i dolci giapponesi più tradizionali?
Oltre ai famosi mochi, ci sono i dorayaki, dei soffici pancake ripieni di anko (crema di fagioli rossi), e il castella, un pan di Spagna di origine portoghese. Esistono anche dessert stagionali come il sakura mochi (legato alla fioritura dei ciliegi) e il già citato kuzumochi, dal gusto fresco e delicato.
Il riso giapponese è diverso da quello italiano?
Si, il riso giapponese ha chicchi più corti e un contenuto di amido più alto, che lo rende appiccicoso. Quello italiano, come il Carnaroli o l’Arborio, resta invece più sgranato. Il riso giapponese si presta meglio a piatti dove i chicchi devono aderire tra loro, come il sushi e il donburi.
Cosa rende unica la cucina giapponese rispetto a quella mediterranea?
La cucina giapponese privilegia la purezza dei sapori e la stagionalità estrema. Ogni piatto è costruito per esaltare l’essenza dell’ingrediente principale. La cucina mediterranea, invece, tende a creare armonie complesse mescolando aromi e spezie. In Giappone domina la leggerezza, l’equilibrio visivo e il rispetto per la natura.
Ricette giapponesi ne abbiamo? Certo che si!
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