
Il gomasio, un’alternativa al sale per condire

Il gomasio in cucina
Il gomasio si abbina perfettamente a piatti semplici come cereali, vellutate, verdure cotte o crude, minestre e legumi. Il suo sapore arricchisce anche carni, pesce, gallette di riso o mais e piatti unici vegetariani. È importante aggiungerlo a crudo, a fine preparazione, per preservarne le qualità nutritive e il profumo naturale. È un condimento completo che va ben oltre la semplice funzione di “insaporitore”.
Oltre al gusto, il gomasio offre benefici per l’organismo: è ricco di minerali come calcio, ferro, zinco, iodio e magnesio. Ha effetti digestivi, aiuta la memoria, contrasta la nausea e la stanchezza. È un ottimo rimineralizzante naturale. Chi soffre di intolleranza al nichel, però, deve fare attenzione e usarlo solo su indicazione del nutrizionista, perché il sesamo può contenere tracce rilevanti di questo metallo.
Preparare il gomasio in casa è semplice. Basta tostare i semi di sesamo a fuoco lento, unirli al sale marino integrale e pestare il tutto in un mortaio fino a ottenere una granella fine ma non completamente polverizzata. Il rapporto classico è 7:1 (sette parti di sesamo e una di sale), ma si può adattare in base al gusto o alle esigenze personali. Il sale non deve essere raffinato: quello integrale mantiene oligoelementi preziosi come rame, fluoro e zinco.
Se stai cercando un modo naturale per dare più carattere ai tuoi piatti senza appesantirli, il gomasio è una risposta semplice, efficace e gustosa. È una scelta consapevole per chi ama prendersi cura di sé, anche a tavola.
Ricetta gomasio
Preparazione gomasio
Come si prepara il gomasio? Lavate i semi di sesamo e lasciateli asciugare. Devono essere ben asciutti. Fateli tostare in una padella larga a fuoco alto, fino a quando si sgretolano stringendoli tra il pollice e l’anulare, ci voglio circa 15 minuti. Mescolate spesso e fateli saltare nella padella facendo attenzione che non brucino.
Verso la fine della cottura aggiungete il sale, mescolandolo bene al sesamo e proseguite la cottura.
A fine cottura travasate il tutto nel mortaio e pestatelo per alcuni minuti.A questo punto è pronto e può essere conservato al fresco in un barattolo di vetro per 8/10 giorni. Può essere conservato più a lungo, ma perde progressivamente il suo aroma: è meglio prepararlo all’occorrenza, la procedura poi è così semplice e veloce!
La ricetta tradizionale prevede di triturare i 2 ingredienti nel suribachi, un mortaio dall’interno rigato e ruvido, ma è possibile usare un frullatore ma il risultato sarà molto diverso
Ingredienti gomasio
- Semi di sesamo
- Sale marino integrale fine (1 cucchiaino di sale ogni 18 di sesamo).
Come sostituire il sale in cucina
Ti sei mai chiesta come sostituire il sale in cucina senza rinunciare al gusto? Io sì, soprattutto da quando mio marito ha iniziato a soffrire di pressione alta. Ridurre il sodio è diventato importante non solo per la salute, ma anche per migliorare la qualità dei piatti. Tra le alternative che ho provato, il gomasio è senza dubbio quella che consiglio più spesso: è gustoso, naturale e piacevole al palato. Perfetto per chi vuole mangiare con leggerezza ma con sapore.
Il sale è ovunque: nei cibi pronti, nei salumi, nei prodotti confezionati. E anche in cucina, spesso, ne abusiamo senza rendercene conto. Ma basta poco per cambiare abitudini. A volte un piccolo gesto, come sostituire il sale con un condimento diverso, può fare una grande differenza. Il gomasio non è solo sano: è buono. Aggiunge sapore senza appesantire, e si abbina bene a verdure, insalate, riso e zuppe.
Vuoi sapere dove comprare il gomasio? Lo trovi in erboristeria, nei negozi bio e anche al supermercato. Ma puoi anche farlo in casa, tostando semi di sesamo e un pizzico di sale integrale.
Preparare il gomasio in casa è semplicissimo. Basta tostare i semi di sesamo in padella per qualche minuto, aggiungere una piccola quantità di sale integrale (meglio se marino) e poi frullare tutto insieme. Si ottiene un condimento profumato, croccante e saporito. Perfetto da tenere sempre a portata di mano. Lo uso sulle verdure al vapore, sull’avocado, sulle patate lesse. È il mio trucco per rendere buono anche ciò che normalmente sembra insipido.
Il gomasio non è solo una soluzione pratica: è una scelta di salute. Aiuta a combattere la ritenzione idrica, non affatica i reni e non altera la pressione sanguigna. È adatto a tutti, anche a bambini e anziani. E se stai cercando di ridurre il sale nella tua dieta senza perdere il gusto, questa è davvero un’ottima risposta. Provalo e fammi sapere cosa ne pensi: per me è stato amore al primo cucchiaino.
Gomasio come si usa: suggerimenti di utilizzo del sale di sesamo
Il Gomasio, è un condimento tipico della cucina giapponese. E’ un condimento alla base dell’alimentazione macrobiotica. I semi di sesamo hanno una grande quantità di proprietà terapeutiche e di valori nutrizionali benefici. Sono ricchi di fibre, proteine, acidi oleici e carboidrati. A livello di vitamine, inoltre, contengono quelle del gruppo B ma anche della E, che ha effetti antiossidanti.
In più, il sesamo contiene diversi tipi di sali minerali come il magnesio, il calcio e il ferro. Il calcio presente in alte quantità, in particolar modo, ci aiuta a proteggere le nostre ossa. Troviamo senza dubbio la presenza di acido oleico e acido linoleico, fondamentali per l’apporto di grassi buoni omega 3 e omega 6, decisivi per la salute del cuore e dall’apparato cardiovascolare in generale.
Nasce da una sorprendente unione di sapori e di profumi, quelli del sale marino e dei semi di sesamo leggermente tostati, due ingredienti strettamente e anticamente legati alla nostra storia alimentare.
Il Gomasio, è composto da semi di sesamo e sale marino . Questi semi vengono tostati e tritati, a volte arricchito con alghe.
Il gomasio, una valida alternativa al sale
Nella cucina asiatica il gomasio è da secoli utilizzato come condimento base per insalate, zuppe, salse e riso. Anche in cucina naturale e macrobiotica è diventato ormai un alleato prezioso. È composto da semi di sesamo tostati e sale marino, spesso integrale, e vanta un sapore aromatico, leggermente tostato, che sostituisce il sale comune in modo più interessante e meno aggressivo. È ideale per chi vuole ridurre il sodio ma non rinunciare al gusto.
Dal punto di vista nutrizionale, il gomasio è ricco e concentrato: 100 grammi contengono circa 553 kcal, ma se usato con moderazione è un’aggiunta sana alla dieta. È fonte di proteine vegetali, è facile da digerire e favorisce la circolazione. Per chi segue una dieta a base di cibi acidi come carne o cereali raffinati, il gomasio aiuta a riequilibrare l’organismo grazie alla sua funzione leggermente alcalinizzante.
Un approfondimento sull’intolleranza al nichel
Il riferimento all’intolleranza al nichel mi fornisce l’occasione per parlare di questo disturbo, che purtroppo riguarda una fascia ampia della popolazione. Secondo alcune stime in Europa soffrirebbe di questa peculiare forma di intolleranza quasi un cittadino su tre. ovviamente con livelli di gravità diversi, da quelli più gestibili (e che consentono un’assunzione limitata della sostanza) a quelli più invalidanti.
I sintomi sono prevalentemente gastrointestinali e vanno dalla diarrea alla stitichezza, dai crampi al vomito, dalla nausea al semplice gonfiore di stomaco. Non mancano però i sintomi sistemici, come quelli dermatologici (evidenti quando l’intolleranza è da contatto). Non di rado si assiste a problemi legati al mal di testa, alla stanchezza cronica e al malessere diffuso. Nei casi più gravi si segnalano difficoltà respiratorie, nonché vere e proprie crisi da shock anafilattico.
Come riconoscere l’intolleranza al nichel?
Riconoscere l’intolleranza al nichel è molto difficile a prima vista, anzi spesso è il paziente a confondere l’origine dei sintomi. La verità è che questi sintomi sono letteralmente aspecifici, ovvero potrebbero far riferimento a una vasta gamma di patologie. Ad ogni modo, quando gli specialisti sospettano la presenza di un’intolleranza alimentare, si procede per sottrazione, ovvero si eliminano dalla dieta alcune sostanze, in modo da valutare gli effetti di questo cambiamento. Eliminare il nichel dalla dieta è davvero complesso.
La certezza del disturbo, tuttavia, la si ha solo con i test specialistici. Il più famoso è il patch test, che consiste nell’esposizione al nichel concentrato all’interno di una crema o di un’altra sostanza che possa entrare in contatto con la pelle. A quel punto basta verificare gli effetti che si manifestano a stretto giro ed il gioco è fatto.
Come gestire l’intolleranza al nichel?
Purtroppo non è possibile guarire dall’intolleranza al nichel, una costante di tutte le intolleranze alimentari e persino delle allergie. Fanno eccezione le intolleranze molto leggere, che sono definite sensibilità. In questo caso si procede con la rinuncia totale al nichel per un certo periodo di tempo, seguito da una seconda fase in cui si “rieduca” il corpo all’assunzione di nichel con estrema gradualità.
L’intolleranza al nichel, come tutte le altre intolleranze, va per lo più gestita evitando gli alimenti che contengono la sostanza incriminata. Se nel caso dell’intolleranza al lattosio e della celiachia ciò è abbastanza semplice (per quanto inizialmente doloroso), per l’intolleranza al nichel è più complesso. La verità è che questa sostanza non è legata a una specifica classe di alimenti, ma è presente in tutte le classi alimentari in modo trasversale.
La coltivazione idroponica, una soluzione provvidenziale
Rinunciare agli alimenti ricchi di nichel può essere estremamente fastidioso, d’altronde tra questi ne troviamo alcuni di uso estremamente comune, come il cioccolato, il pomodoro e il basilico. Per fortuna, però, esiste un’alternativa che ha già dimostrato tutta la sua efficacia: la coltura idroponica.
Gli alimenti assumono il nichel dal suolo durante lo sviluppo della pianta. La coltura idroponica non fa uso del suolo, ma trasmette alla pianta direttamente le sostanze nutritive, sulla cui composizione si esercita il pieno controllo. A questo punto è necessario togliere il nichel dal nutrimento delle piante e il gioco è fatto. Attualmente, alcuni produttori commercializzano pomodori, basilico e altre verdure senza nichel, mentre non si hanno notizie di coltivazioni idroponiche dal cacao. Per il cioccolato, dunque, toccherà aspettare ancora un po’.
Un consiglio sulla gestione “mentale” dell’intolleranza al nichel
La gestione dell’intolleranza al nichel è un fatto soprattutto mentale. Seguire poche regole è semplice, ma farvi fronte senza cadere nello sconforto è più complesso. In questo caso vale il consiglio di sempre, che riguarda tutte le intolleranze alimentari, ossia trasformare la necessità di rinunciare a determinati alimenti come l’occasione di scoprirne di altri nuovi. L’intolleranza alimentare può essere quindi un modo per scoprire nuovi sapori e nuove cucine.
Un altro consiglio riguarda il rapporto con gli altri. Quando si riceve la diagnosi si avverte la presenza improvvisa di uno spartiacque, ossia un muro tra sé e gli altri. In questo caso la malattia tende ad isolarci, sebbene non venga percepita in questo modo dagli altri. Nessuno oggi si stupisce di fronte a una intolleranza alimentare, ammesso che sia lecito provare stupore per questo tipo di disturbi alimentari.
Idee per salse e condimenti ne abbiamo? Certo che si!
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