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Basi: preparazioni fondamentali
Le principali basi utilizzate in cucina per chi soffre di intolleranze alimentari
Questa sezione è dedicata alle basi, ovvero a tutte quelle preparazioni che rappresentano un elemento ricorrente e attraverso cui si sviluppano la maggior parte delle ricette. Conoscere le basi è fondamentale per saper cucinare, oltre che per trarre il meglio dalle ricette e dai singoli ingredienti. Alcune basi sono in effetti ben conosciute, e tra le prime preparazioni ad essere apprese. Pensiamo solo alla pasta frolla, che viene usata in gran parte della pasticceria italiana. Pensiamo anche alla pasta sfoglia e alla pasta brisée, che consentono di preparare le torte salate, e in alcuni casi anche le pietanze dolci.
Alcune basi sono facili da preparare, in quanto richiedono ingredienti reperibili e una manualità minima. Altre, invece, sono più ostiche e potrebbero non riuscire come dovrebbero. Questa sezione nasce per darvi non solo un’infarinatura sulla preparazione delle basi, ma per permettervi di padroneggiare appieno questo genere di preparazioni, e porre le fondamenta per un’attività in cucina carica di soddisfazioni. Nondimeno, la sezione esplora il tema delle basi, proponendo varianti molto interessanti secondo le necessità degli intolleranti alimentari, ma anche di chi cerca sentori più esotici e diversi dal solito.
Il concetto di basi in cucina
Per base si intende una preparazione che, ospitando altre preparazioni (creme, intingoli etc.), può dare vita a una vasta gamma di ricette. Nella maggior parte dei casi la base è un impasto realizzato con farina e uova, un binomio vincente nella pasticceria e non solo. Tuttavia, per base si può intendere anche un intingolo o una crema che viene frequente utilizzata, e che ricorre in molte ricette. Adottando questa definizione, possono essere considerate basi anche la panna acida, o crème fraiche che dir si voglia, e la crema pasticcera. Le basi sono un pericolo per chi soffre di intolleranze alimentari o di disturbi dell’assorbimento? Normalmente sì, ma per fortuna la soluzione è dietro l’angolo.
E’ vero che gli impasti base contengono nella maggior parte dei casi la farina di frumento, e dunque sono off limits per celiaci e intolleranti al glutine. Ma è altrettanto reale la possibilità di utilizzare farine alternative senza glutine. Anzi, l’impiego di farine diverse è l’occasione per sperimentare sentori nuovi, che piacciono anche a chi non soffre di intolleranze. Stesso discorso per le creme e gli intingoli base. Alcuni di questi contengono il latte e i suoi derivati, dunque anche il lattosio. Un dettaglio non di poco conto, se si considera che gli intolleranti al lattosio sono almeno il 30% della popolazione. Anche in questo caso, però, la soluzione è a portata di mano.
E’ sufficiente sostituire il latte “normale” con la sua versione senza lattosio. Per inciso, il processo di rimozione del lattosio è naturale, in quanto consiste nell’integrazione dell’enzima lattasi nel latte, un enzima che scinde il lattosio nei più digeribili glucosio e galattosio.
Le basi per le preparazioni dolci
Le basi vengono utilizzate soprattutto per le preparazioni dolci. C’è solo l’imbarazzo della scelta tra pan di Spagna, pasta frolla, pasta choux, pasta sfoglia e pasta brisée. Ovviamente non sono intercambiabili, pur risultando molto versatili, infatti ognuna è dotata di una propria specificità. Sicché la pasta frolla si distingue per il sapore delicato e per la consistenza compatta, benché non croccante. In virtù di ciò, è adatta ad ospitare abbondanti dosi di salse e di creme, oltre a marmellate e composte.
Il pan di Spagna è apprezzato per la sua estrema morbidezza e per la capacità di assorbire gli altri ingredienti. Non è un caso che sia spesso arricchito da una bagna, di norma lievemente alcolica. La pasta choux è una delle basi più delicate, pensata per valorizzare soprattutto le creme. La pasta brisée e la pasta sfoglia, infine, pur essendo impiegate soprattutto per le preparazioni salate, possono avere voce in capitolo in pasticceria grazie alla loro fragranza.
Le basi per le preparazioni salate
Vale la pena approfondire le basi appena citate, ovvero la pasta sfoglia e la pasta brisée, che sono i maggiori esponenti delle basi per le preparazioni salate. Quale differenza intercorre tra di loro? In realtà sono molto simili, in quanto gli ingredienti e le dosi sono sostanzialmente gli stessi. Cambia, però, il metodo di preparazione. La pasta sfoglia è chiamata così in quanto prevede la sovrapposizione di più strati sottili, il ché conferisce al prodotto finale una sfogliabilità tale da risultare gradevole al palato, e più incline a certe preparazioni.
La pasta brisée è invece più compatta e fragrante, ma non si scompone come la sfoglia. Di conseguenza, il risultato in termini di texture è più ordinario. Un pregio della pasta brisée e della pasta sfoglia è la loro versatilità. Inoltre, il sapore è riconoscibile, ma non abbastanza forte da coprire gli altri ingredienti. Anzi, li valorizzano, creando abbinamenti e armonie molto interessanti. Per questo motivo possiamo trovare torte salate a base di verdura, torte salate a base di carne, di formaggi etc.
Un approfondimento sul pan di Spagna
Il pan di Spagna ricopre un ruolo di primo piano tra le basi tipiche della cucina europea. E’ preparata ormai in mezzo continente ed è particolarmente apprezzata in Francia. Tuttavia, ed è bene sottolinearlo, la ricetta è stata inventata in Italia intorno al XVIII secolo. Per la precisione, è stata inventata da un cuoco genovese, che per un certo periodo di tempo servì alla corte del re di Spagna. Da qui il nome e la rapida diffusione di questa interessante base.
Il successo del pan di Spagna deriva dalla sua bontà e dalla sua morbidezza, una qualità che difficilmente le altri basi riescono ad eguagliare. Il pan di Spagna è così morbido da comportarsi quasi come una spugna. Non stupisce, quindi, che nella maggior parte dei casi sia arricchito da una bagna. Attualmente il pan di Spagna è utilizzato soprattutto per preparare torte con abbondanti farciture. Non ci sono limiti alla creatività, come dimostra il numero elevato di ricette che ha come protagonista proprio il pan di Spagna.
Le principali proprietà della pasta frolla
La pasta frolla rappresenta l’impasto privilegiato di molte ricette tipiche delle cucine occidentali, non ultima quella italiana. Come sicuramente saprete, è realizzata con la farina, il burro, lo zucchero e le uova. Di norma la farina deve avere una indice di panificazione basso, in quanto è bene che la base rimanga molto piatta. Ciò spiana la strada all’uso di farine alternative, che si caratterizzano spesso per le capacità panificatorie minime. Sicché troviamo la pasta frolla alla farina di riso, la pasta frolla alla farina di mais, la pasta frolla al fonio e molto altro ancora.
Il pregio della pasta frolla è la sua versatilità, infatti la ricetta base può essere modificata in modo da accogliere nuovi ingredienti. Per esempio, è possibile macinare dei semi e inserirli nell’impasto. La pasta frolla ai semi di girasole ne è la dimostrazione più evidente. Proprio per questo vi consiglio di prepararla, anche perché è semplice da realizzare nonché squisita. A cosa serve la pasta frolla? Sarebbe più corretto chiedersi a cosa non serve. Le preparazioni che ne fanno ampio uso sono molteplici, ad esempio la pasta frolla è tipicamente usata per fare le crostate.
La pasta choux, una base francese
La pasta choux fa parte delle basi “francesi”. In Italia è conosciuta come pasta da bignè, e in effetti è utilizzata spesso per quel genere di preparazioni. Si distingue per il sapore interessante, ma neutro, finalizzato a valorizzare appieno la farcitura. Il nome in francese significa “cavolo”, il ché è abbastanza strano per una preparazione di pasticceria. E’ comunque probabile che derivi dalla forma che i bignè di pasta choux assumono, che potrebbe ricordare per l’appunto il cavolo.
La pasta choux è purtroppo off limits ai celiaci e agli intolleranti al glutine. Infatti, per una buona riuscita della base, è necessario impiegare farine forti e ricche di glutine. Questa sostanza, infatti, serve a legare l’impasto e renderlo molto elastico. Per quanto concerne gli altri ingredienti, non ci sono sorprese di sorta. Troviamo, infatti, il burro, le uova e lo zucchero, presente in modiche quantità (pari al 5% della farina). Un’altra peculiarità della pasta choux riguarda la cottura. Essa deve prevedere uno shock termico, in modo che la pasta si gonfi e diventi cava al suo interno. La cavità serve ad accogliere meglio la farcitura.
Crepes e pancake, due basi molto versatili
Cito queste due basi nel medesimo spazio in quanto sono molto simili, anzi sono sostanzialmente identiche. Una curiosità sulle crepes e sui pancake riguarda la loro origine. Si potrebbe pensare che le crepes siano francesi, visto il nome e il successo che questo impasto riscuote in Francia. Allo stesso modo, si potrebbe pensare che il pancake sia solo americano, visto l’ampio uso che se ne fa negli States. In realtà, entrambi i preparati sono stati inventati in Italia parecchi secoli fa. Infatti, derivano dalla vecchia “crespella”, che si consumava nei nostri borghi già ai tempi di Carlo Magno.
Per quanto concerne la preparazione, la differenza principale risiede nella cottura. Le crepes vengono cotte su una superficie rovente, in modo da risultare molto sottili. I pancake vengono fritti a “cucchiaiate”. La lista degli ingredienti comprende la farina, le uova, il latte, il burro, lo zucchero e un pizzico di sale. Le crepes si fanno apprezzare per la possibilità di accogliere i condimenti più disparati, dalla marmellata alle creme di nocciola, dal prosciutto ai formaggi. I pancake sono destinati alle colazioni e alle merende dolci, anche se non mancano le versioni salate. In genere sono conditi dallo sciroppo d’acero, dalla panna e dalla marmellata.
La pasta fillo, una variante friabile
La pasta fillo ricopre una posizione privilegiata tra le basi “esotiche”, anche perché è la più famosa. Si è diffusa insieme alla cucina greca, di cui effettivamente fa parte. Ma cos’è esattamente la pasta fillo? Potrebbe essere considerata come una variante ancora più friabile della pasta sfoglia. Rispetto a quest’ultima, però, ha un maggior numero di strati, sebbene il metodo di cottura garantisca una certa stabilità. La cottura, infatti, avviene ad alte temperature e per un tempo molto breve. Anzi, spesso e volentieri la pasta fillo viene fritta direttamente.
La pasta fillo fa parte della tradizione greca, ma non solo. E’ molto apprezzata e considerata una preparazione “popolare” in Turchia, in Medio Oriente e in Nord Africa. Nella parte orientale del Mediterraneo è impiegata soprattutto per le preparazioni salate, mentre nella parte occidentale la si usa per le preparazioni dolci. La pasta fillo può ospitare verdure e carne, come anche pistacchi, frutta secca etc.
I principali usi della pasta di zucchero
La pasta di zucchero non è esattamente una base, ossia non “contiene” una farcitura, una crema o più in generale altri ingredienti. Può essere, però, considerata una preparazione base, in quanto è molto ricorrente e viene impiegata per un numero elevato di ricette dolci. Funge da guarnizione nelle torte e nella pasticceria mignon, anzi è tra i protagonisti del cake design, che punta a inserire elementi artistici nelle ricette.
La pasta di zucchero è realizzata con zucchero a velo, gelatina o colla di pesce, albume, acqua e glucosio. Non di rado, per la sua preparazione vengono utilizzati dei coloranti naturali. Questo tipo di pasta spicca per la malleabilità, che gli permette di assumere le forme più disparate. Si distingue, inoltre, anche per la texture estremamente liscia, che migliora l’impatto estetico delle torte e ne regolarizza la superficie. Una volta applicata, si trasforma in una copertura rigida che non può essere riutilizzata.
Il brodo vegetale e di carne
Anche in questo caso non parliamo esattamente di base in quanto “contenitore” di altri ingredienti, bensì di preparazioni ricorrenti e funzionali alla realizzazione di altre ricette. In particolare, il brodo serve per cuocere e insaporire allo stesso momento. Il brodo vegetale, come quello di carne del resto, vanta mille applicazioni. Quella più famosa è il risotto. Non esiste risotto senza brodo vegetale, se si escludono alcune eccezioni.
Potreste essere tentati di utilizzare il classico dado, d’altronde basta tuffarlo in acqua bollente et voilà, il brodo è pronto. Non che sia “malvagio”, ma quello preparato manualmente è un’altra cosa in quanto è meno salato, più leggero e più gustoso. L’importante è variare con le verdure e utilizzare solo quelle fresche. Esistono molte varianti di brodo vegetale, ma quella standard prevede l’uso di carote, cipolle, sedano, patate e pomodoro. Mi raccomando, per un risultato ottimale il brodo andrebbe filtrato.
Il pesto, una base ricorrente
Il pesto non si può considerare una base in senso stretto. Tuttavia, la ricetta è così ricorrente e così “personalizzabile” da fungere da preparazione base della cucina italiana. Il pesto classico è il pesto alla genovese, quindi realizzato con il basilico. L’aroma è inconfondibile e valorizza appieno i due ingredienti principali: il basilico e il formaggio grattugiato. Su questa falsariga è possibile creare innumerevoli “pesti”: da quello di carote e quello di rucola, dal pesto di radicchio al pesto di pistacchi. L’utilizzo è sempre lo stesso, ossia è indicato per condire la pasta, o magari per realizzare torte salate e tartine dal gusto speciale.
Se possibile, evitate di utilizzare il frullatore in quanto garantisce una texture omogenea e liscia, ma rischia di disperdere sapori. Il pesto perfetto è quello con la grana leggermente irregolare, che crea delle piacevoli sensazioni al palato. Ovviamente, alcuni ingredienti non permettono l’impiego del mortaio, quindi il loro uso va valutato caso per caso.
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Mai fare autodiagnosi
Sintomi e sostanze scatenanti
Da quanto appena detto deriva anche l’eterogeneità di sintomi che allergie e intolleranze provocano. I sintomi delle allergie sono sovente sistemici e violenti, e possono includere forte malessere, rush e problemi respiratori. Se l’interazione con la sostanza avviene a livello cutaneo, si possono notare eczemi in corrispondenza della zona di contatto. E’ il caso dell’allergia al nichel. Non mancano, soprattutto in caso di assunzione, problemi gastrointestinali, come dolori, crampi, diarrea e nausea. I sintomi delle intolleranze sono più circoscritti e sono principalmente gastrointestinali. Ciò si verifica - nella maggior parte dei casi - in quanto l’organismo non riesce ad assimilare la sostanza, dunque produce gas nel tentativo di farlo. Tale abnorme quantità di gas provoca i sintomi che abbiamo appena descritto. Questo è proprio il caso dell’intolleranza al lattosio, infatti il lattosio rimane per lo più integro, anziché scomporsi in glucosio e galattosio, stimolando un accumulo di gas. Una differenza tra allergie e intolleranze, che spesso viene scambiata per punto in comune, è la classe di sostanze che scatenano le une e le altre. Nel caso delle allergie, la sostanza incriminata è un alimento nel suo complesso. Nel caso delle intolleranze, è spesso una molecola, uno zucchero o una proteina. Le allergie alimentari più comuni riguardano il latte, il miglio, il frumento, le uova e i crostacei. Le intolleranze alimentari più comuni, invece, riguardano il lattosio, il glutine e così via. Ciò pone in essere conseguenze diversificate sul tenore di vita. In buona sostanza, quello degli allergici risulta molto più compromesso. Dover evitare una sostanza è un conto, dover evitare un alimento è un altro paio di maniche. Giusto per fare un esempio, chi è intollerante al lattosio può comunque bere latte e consumare latticini, purché siano delattosati. Chi è allergico al latte non dispone di questa possibilità.Come diagnosticare allergie e intolleranze?
La diagnosi delle allergie alimentari è sostanzialmente clinica, dunque è frutto dell’osservazione di reazioni visibili e misurabili empiricamente. Ciò ha determinato la convinzione secondo cui anche il singolo individuo possa giungere a una diagnosi, senza l’aiuto di un esperto. In realtà è un errore madornale. L’autodiagnosi è fallace in quanto per individuare correttamente la malattia è necessario un bagaglio di conoscenze utile ai fini dell’interpretazione dei fenomeni. Inoltre, è anche pericolosa in quanto si rischia di scatenare i sintomi della malattia. E’ vero che la diagnosi passa per prove ed errori, ma queste devono susseguirsi in una prospettiva di riduzione dei rischi propria della professione medica. Dunque, sì all’eliminazione dalla dieta di questo o quell’elemento, per capire se è proprio lui a scatenare i sintomi allergici. Si anche all’aggiunta di dosi ulteriori del sospetto allergene per verificare la reazione dell’organismo, ma secondo tappe e indicazioni ben precise, fornite dallo specialista. Anche l’intolleranza viene diagnostica o più frequentemente “scovata” con l’aggiunta o la sottrazione di elementi specifici dalla dieta. Il primo scopo è comunque escludere l’allergia, cosa tra l’altro abbastanza semplice vista la diversità di sintomi. In alcuni casi sono a disposizione alcuni test che garantiscono una diagnosi. E’ il caso del breath test per le intolleranze al lattosio. Il paziente viene invitato a consumare del latte, in modo progressivo. Successivamente, soffia in un macchinario che analizza la composizione dell’aria immessa. Se si riscontra una quantità di anidride carbonica esagerata, allora si è in presenza di una intolleranza, infatti l’abbondanza di CO2 è causata proprio dalla cattiva digestione e dal malassorbimento. Se vi è un sospetto caso di celiachia, invece, si possono realizzare degli esami del sangue per rintracciare gli anticorpi specifici, in quanto tale patologia “stimola” comunque il sistema immunitario.Gli esami strumentali nello specifico
Vale la pena approfondire la questione degli esami strumentali. Molti, infatti, pensano all’iter diagnostico con un po’ di timore reverenziale, immaginando chissà quale pratica complessa o dolorosa. In realtà è tutto molto semplice, e nemmeno troppo scomodo. Ciò vale soprattutto per il breath test. Sul meccanismo di azione ho già accennato qualcosa prima, rimane da affrontare il tema della “preparazione”, che merita particolare attenzione. Infatti, non ci si può presentare al breath test come se nulla fosse, ma occorre seguire delle regole ben precise. La più importante riguarda il digiuno: esso deve durare per le otto ore precedenti al test. Lo scopo è quello di giungere con lo stomaco e gli intestini “vuoti”, analizzando al meglio l’impatto del lattosio sull’apparato digerente senza interferenze. Stesso discorso per il fumo. Il consumo di tabacco, infatti, può alterare - seppur impercettibilmente - l’attività respiratoria, inducendo all’errore l’esaminatore. E’ bene, poi, consumare cibo leggero in occasione dell’ultimo pasto (almeno otto ore prima del test). A tal proposito, si consiglia riso, carne o pesce, degli alimenti che producono pochi gas intestinali. Più complessi sono i test per la diagnosi della celiachia, almeno dal punto di vista medico. Per il paziente sono una “passeggiata”, in quanto constano di un semplice prelievo di sangue. Questo viene poi analizzato per verificare la presenza di anticorpi specifici contro il glutine. Gli anticorpi possono essere anti-transglutaminasi (tTG), anti-gliadina (AGA) e anti-endomisio. I risultati, per ovvi motivi, sono difficili da leggere, ma per questo ci sono esperti e specialisti. Se i risultati non sono chiari, o se la celiachia è a uno stadio precoce, è possibile sottoporsi ad alcuni test genetici. Questi hanno lo scopo di verificare la presenza di componenti genetiche associate alla celiachia. I test genetici sono comunque abbastanza rari, anche perchè costano parecchio.Comportamenti e terapie
Quando si è in presenza di un’allergia alimentare, l’unica terapia realmente a portata di mano è l’esclusione totale dell’alimento dalla propria dieta. Tuttavia, in alcuni casi ciò non risulta possibile in quanto provoca un grave peggioramento della qualità della vita. Un’evenienza non comune, ma che fa riferimento solo alle situazioni in cui sono presenti contemporaneamente molte allergie. In questi casi si procede con delle immunoterapie, che prevedono l’esposizione graduale e crescente all’allergene nel tentativo di ripristinare una corretta risposta immunitaria. Nella peggiore delle ipotesi, ovvero quando la sensibilità è estrema si possono assumere farmaci chelanti, che di fatto disintossicano il corpo dalla sostanza incriminata. Per la celiachia vale lo stesso discorso, solo che in questo caso ci si ferma all’eliminazione del glutine. E’ infatti uno sforzo meno gravoso di quanto si pensa, dal momento che esistono molti alimenti che possono sostituire al meglio i cibi full-gluten. Discorso diverso, invece, per l’intolleranza al lattosio. Nella fattispecie è possibile evitare latte, latticini e formaggi freschi, o puntare sulle varianti delattosate. La rimozione del lattosio è un’operazione banale, che altera solo un po’ il gusto. Il procedimento consiste nell’immissione dell’enzima lattasi nel latte. Tale enzima, che manca negli intolleranti, di fatto “scompone” il lattosio. Il lattosio si trasforma poi in glucosio e galattosio, sostanze digeribili da chiunque.Lo stile di vita di chi soffre di intolleranze alimentari
Chi soffre di intolleranze alimentari o allergia va incontro a un drastico peggioramento della qualità della vita? Il senso comune suggerisce di sì. Se l’unica terapia possibile, eccettuati i casi speciali (es. immunoterapia) è rinunciare agli alimenti che provocano i sintomi, si fa presto a concludere che questi disturbi privano di uno dei piaceri della vita, ossia mangiare ciò che si vuole. Il ragionamento ha una sua fondatezza, ma corrisponde al vero solo se chi ha ricevuto una diagnosi “si lascia andare” e non reagisce con furbizia di fronte a un problema in effetti piuttosto grave. La verità è semplice: si può convivere con le intolleranze e con le allergie senza compromettere il proprio rapporto con il cibo. Insomma, si può evitare di scambiare le sofferenze fisiche (sintomi da intolleranze e allergie) con le sofferenze psicologiche. Il segreto sta nel cambiare il proprio approccio all’alimentazione, intraprendendo un percorso di conoscenza degli alimenti. La natura offre tanti alimenti in grado di sostituire quelli che, per una intolleranza o un’allergia sono off limits. Nella stragrande maggioranza dei casi sono buoni, nutrienti e porgono il fianco alla buona cucina. Per intraprendere questo percorso e portarlo a termine sono necessari alcuni “ingredienti”. In primo luogo è necessario metabolizzare la diagnosi sul piano psicologico. Non è un processo immediato, ma prima o poi tutti se ne fanno una ragione. Secondariamente è necessario sviluppare una forma mentis diversa e più aperta a nuovi sapori, che vanno oltre gli approcci diversi da quello “mediterraneo classico”. E’ un caso, ma buona parte degli alimenti “agibili” provengono da altri contesti, e lo stesso si può dire delle ricette che ne fanno uso. Infine, è bene sviluppare una vera cultura della condivisione. Coinvolgere il prossimo nel proprio percorso di crescita, o più banalmente condividere i pasti “anti-intolleranze” restituisce una dimensione di normalità e cambia la percezione che i “sani” hanno degli intolleranti e degli allergici.Alcuni dettagli sull’intolleranza al lattosio e sulla celiachia
Cosa significa, nello specifico, convivere con questi disturbi? Rispondo alla domanda limitando il campo di indagine a quelli più diffusi: l’intolleranza al lattosio e la celiachia. D’altronde, ne so qualcosa, visto che sono affetta da entrambe. Attualmente, dopo aver intrapreso un percorso di conoscenza e di evoluzione del mio rapporto con il cibo, posso dirmi soddisfatta. Per me questi disturbi non sono un problema in quanto ci convivo non solo sul piano psicologico, ma anche come stile di vita, applicando in modo oculato eventuali rinunce. Per esempio, affronto l’intolleranza al lattosio sostituendo il latte e i suoi derivati con versioni vegetali, come il latte di mandorla, il latte di cocco e il latte di soia. In alternativa, posso tranquillamente consumare prodotti delattosati, che sono buoni come quelli “normali” sebbene un po’ più costosi. La celiachia mi ha imposto un cambio di marcia pesante, che mi ha portato a scoprire tanti alimenti e a esprimere un livello di creatività in cucina per me inedito (ho sempre amato sperimentare). Sostituiscono la farina di frumento con quella di riso e di mais, come fanno tutti, ma allo stesso tempo consumo - e preparo deliziose ricette – con farine diverse e più esotiche. Qualche esempio? La farina di amaranto, la farina di quinoa, la farina di fonio etc. Non è uno sforzo, ma piuttosto un piacere. Anche perché nella stragrande maggioranza dei casi aggiungono un tocco di fantasia ai piatti. Senza considerare le loro proprietà nutrizionali, che sono spesso più accentuate rispetto delle farine standard. Non di rado contengono anche molte proteine e sono ricche di sali minerali e di vitamine. Per quanto concerne l’apporto calorico non ci sono grosse differenze, del resto la farina è sempre farina!
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Perché quindi scaricare gli ebook? In primo luogo perché sono gratis, secondariamente perché rappresentano una risorsa per migliorare le proprie “performance” in cucina, senza doversi sorbire complicati e lunghi manuali. Avete solo l’imbarazzo della scelta, vista l’abbondanza dei temi che ho affrontato in questi anni.
Gli ebook tematici
Come ho già specificato, gli ebook sono principalmente “tematici”, ovvero affrontano un alimento, un pasto della giornata o un evento. Ho scelto questo approccio in quanto mi è sembrato quello più utile, in grado di fornire un valido aiuto a chi è alla ricerca di soluzioni per soddisfare una specifica esigenza.
Non mancano ovviamente gli ebook dedicati alle festività. In particolare, ho affrontato il tema della cucina natalizia, ma ho dedicato un ebook anche a feste meno tradizionali ma ormai radicate dalle nostre parti, come Halloween. Altri ebook si concentrano su uno specifico alimento, come la zucca, un ortaggio che merita di essere apprezzato non solo per il gusto e per le proprietà nutrizionali, ma anche per la sua versatilità. Quest’ultima qualità emerge anche solo sfogliando l’ebook, ricco di ricette molto diverse tra di loro.
Ho parlato anche dei pasti in sé. Per esempio, ho dedicato un ebook ai dessert, argomento che appassiona tutti colori che si cimentano in cucina. Inoltre, ho dedicato un ebook alle colazioni, a rimarcare l’importanza di questo pasto, e ai contorni (soprattutto insalate).
Un compromesso tra tradizione e sperimentazione
Tutti gli ebook procedono da un’attenta selezione di ricette. Ho cercato di raggiungere un equilibrio tra tradizione e sperimentazione, fondendo i due approcci. Reputo, infatti, che la tradizione vada rispettata, ma vadano lasciati margini per la creatività. L’importante è replicare lo “spirito” di un piatto tradizionale, a prescindere dalle sostituzioni che possono coinvolgere gli ingredienti.
In tutti gli ebook ho dato ampio spazio alle ricette anti intolleranze alimentari. Spesso vedrete ricette realizzate con basi senza glutine, con creme senza lattosio e con alimenti a basso contenuto di nichel. Inoltre, si potrebbe considerare questa scelta come una sorta di auto-limitazione. In realtà si tratta di un pregiudizio, e non è certo l’unico quando si indaga il rapporto tra il senso comune e le intolleranze alimentari.
Infondo, il messaggio che questi ebook vogliono lanciare è il linea con ciò che cerco di trasmettere con Nonnapaperina.it, ossia è possibile sconfiggere le intolleranze alimentari con la buona cucina e con un approccio creativo, che può essere condiviso con chiunque (intolleranti e non). Insomma, le ricette sono pensate a uso e consumo di celiaci e intolleranti in generale, e sono godibili anche da tutti gli altri. Un terreno comune che regala grandi soddisfazioni, a prescindere da disturbi e patologie. Fammi sapere che ne pensi!.
Don’t worry be happy
Non preoccuparti e sii felice. Questo è il mio motto.
Ricordo ancora quando, molti anni or sono, mi diagnosticarono non una ma ben tre intolleranze: al lattosio, al nichel e al glutine. Una dopo l’altra, senza nemmeno il tempo di metabolizzare la notizia. Mi sentivo perduta, mi prendeva il magone al solo pensiero di dover rinunciare ai miei piatti preferiti. Se è vero che anche il cibo è fonte di felicità, sentivo di averla persa per sempre.
Ben presto ho scoperto che la cucina è la chiave per uscirne e non perdere nulla nella vita. Sono sempre stata appassionata di cucina e del buon cibo. Ho sempre manifestato interesse per le ricette della tradizione italiana e per quelle estere. Inoltre, non mi sono mai tirata indietro quando si trattava di sperimentare. Proprio l’apertura mentale al nuovo mi ha salvata. Ho capito ben presto che là fuori c’era una marea di alimenti ancora alla mia portata, e infinite ricette con cui valorizzarli.
Nonnapaperina.it nasce proprio per questo scopo, ossia condividere con voi non solo le ricette per intolleranti, ma anche un approccio diverso alla gestione della malattia. Un approccio che non punta a limitare i danni, ma a trovare la felicità in una cucina solo all’apparenza diversa. In tutto ciò mi ha spinto il senso di condivisione, che non mi è mai mancato, ma anche la consapevolezza di poter fare del bene, contribuendo alla serenità altrui.
Nonnapaperina.it nel suo piccolo è la dimostrazione di come le intolleranze alimentari possano essere sconfitte proprio sul terreno in cui sembrano avere vita facile: l’alimentazione. In realtà le difficoltà della vita sono un’occasione per mettersi in gioco. Un paradosso buffo, ma che trova conferme nella vita reale: le difficoltà spingono a mettersi in gioco, e mettersi in gioco significa superare le difficoltà.
Mi rivolgo a tutti coloro che hanno ricevuto di recente una diagnosi di intolleranza alimentare, di allergia alimentare o di celiachia. Sentitevi in diritto di dispiacervi per tutto il tempo necessario, prendetevi tutto il tempo che vi serve per elaborare la notizia. Dopo, però, rialzatevi e reagite. Anche perché potete farlo. La soluzione è a portata di mano e anche divertente, ossia ripensare la cucina, l’alimentazione e il proprio rapporto con il cibo.
Vi consiglio anche di abbandonare prima possibile i pensieri negativi che, certamente, stanno affollando la vostra mente. Lo so perché ci sono passata anche io. Un esempio? La convinzione che la condizione di intollerante alimentare segni un solco rispetto al prossimo e alle altre persone è molto consistente. D’altronde, non potete mangiare alcune delle cose che gli altri mangiano tutti i giorni!
E’ un pensiero negativo e falso. In primo luogo, il concetto di intolleranza alimentare è entrato stabilmente nell’immaginario collettivo, dunque nessuno si stupisce di una persona che soffre di questo disturbo. Oggi più che mai lo stigma della malattia è superfluo e fuori luogo. Secondariamente gli alimenti a disposizione degli intolleranti e le ricette che su di essi si basano sono buoni per tutti, anche per chi non soffre di problemi del genere. Insomma, la “ghettizzazione” non ha senso di esistere, men che meno quella in cui il presunto malato relega se stesso.
Anzi, molti accolgono con gioia la possibilità di sperimentare nuovi piatti in cucina. Un dolce realizzato con una farina alternativa può suscitare maggiore interesse rispetto a un dolce classico. E poco importa se si toccano le corde dell’appartenenza. Non è certo un alimento a fare di un piatto il simbolo della tradizione!
Stesso discorso per la paura di provocare fastidi agli altri nelle occasioni sociali, quando si va a mangiare fuori tutti assieme. Quello delle intolleranze alimentari non è affatto un tabù, dunque tutte o quasi le attività di ristorazione offrono alternative a chi soffre di intolleranza al lattosio, al nichel, o per chi è affetto da celiachia e da allergie. Per questo motivo vi consiglio di fare come me, anche se la diagnosi vi ha sconvolto e vi ha preso in contropiede. Non preoccupatevi, siate felici. La soluzione c’è ed è molto concreta.
Ho aperto questo mio excursus sulle intolleranze alimentari e allergie alimentari con un riferimento alle mie diagnosi. In realtà la mia storia da questo punto di vista è un po’ più lunga e complessa. Vale la pena raccontarla, in quanto può offrire qualche spunto per superare certi passaggi forse un po’ più ardui. Il giro di boa più importante è avvenuto a qualche mese di distanza dalle prime diagnosi, quando ero già venuta a patti con la mia nuova condizione.
Ebbene, non ero più intollerante al nichel, ma ero proprio allergica. La notizia non mi ha sconvolto più di tanto in quanto si trattava pur sempre di evitare o gestire il nichel. Tuttavia, ho scoperto sulla mia pelle che l’allergia porta ad una sensibilità ancora più spiccata. Azzerare il nichel è impossibile, dunque mi sono sottoposta inizialmente a una terapia iposensibilizzante, che punta a introdurre nel mio corpo quantità di nichel dapprima minime, e poi via via più elevate, in modo da abituare l’organismo.
La terapia è fallita, in quanto la mia estrema sensibilità alla sostanza non lasciava margini di manovra. Ho provato quasi subito con una terapia chelante, che invece consiste nella disintossicazione naturale da alcuni metalli, nichel in primis. Questo rimedio ha funzionato, in quanto in poco tempo ho smesso di accusare i sintomi e ho potuto sospendere i cortisonici (che i sintomi li tenevano a bada).
Cosa dimostra la mia storia? Semplicemente, anche quando gli ostacoli sembrano insormontabili, esiste sempre una soluzione. Nel campo dell’alimentazione il mio caso è abbastanza particolare, eppure sono qui, soddisfatta della mia dieta e del mio rapporto con il cibo.
Cosa può fare per voi Nonnapaperina.it
Ho già introdotto il motivo per cui ho intrapreso il progetto di Nonnapaperina.it, ossia condivisione della mia esperienza e la possibilità, per tutti, di fruire di soluzioni a portata di mano per un’alimentazione a prova di intolleranze alimentari. Tanto vale, quindi, parlare un po’ del sito e dare qualche consiglio per “viverlo” al meglio. Ad esempio, per la vita di tutti i giorni, fate riferimento alla sezione “ricette per intolleranti”. Ne trovate a bizzeffe, tutte categorizzate per portata (primi, secondi etc.), momento della giornata (colazione, pranzo, cena), funzione (basi, impasti, creme, salse) e molto altro ancora.
Non trascurate, però, anche la sezione sulle festività. Se il principio cardine del progetto è la condivisione, allora la palla passa presto a voi, quindi condividete liberamente le ricette con i vostri cari e con i vostri amici. E quale migliore occasione di una festività, sia essa il Natale, la Pasqua o la Festa della Mamma? Non di rado le ricette hanno un ché di artistico. I piatti porgono il fianco a un concetto “elevato” di cucina, che coinvolge non solo il senso del gusto, ma pone le basi per un’esperienza a tutto tondo. Il tutto a uso e consumo degli intolleranti alimentari, o degli amanti del buon cibo in generale.
Il consiglio, comunque, è quello di spaziare. Il sito è basato sul principio dell’ipertesto, ossia ciascuna ricetta ne richiama altre, e molte altre ancora. Lasciatevi trasportare e vi sembrerà realmente di intraprendere un viaggio nella cucina anti-intolleranze alimentari, nella sua versione più “friendly” e divertente! Buona degustazione a tutti!
Intolleranze alimentari e allergie si sconfiggono a tavola
Quello delle intolleranze alimentari e delle allergie rischia di diventare un problema di ordine sociale se non viene gestito con attenzione. In primis per le dimensioni del fenomeno. Si stima, infatti, che circa il 10% della popolazione soffra di un qualche disturbo legato all’assorbimento di sostanze alimentari e, allo stesso tempo, in grado di generare sintomi più o meno importanti. Sul banco degli imputati vi sono l’intolleranza al lattosio e la celiachia, che sono le patologie in assoluto più diffuse, ma vanno prese in considerazione anche l’allergia e la sensibilità al nichel.
Per inciso, la distinzione tra intolleranza e allergia è fondamentale ai fini medici. I sintomi sono infatti diversi per tipologia o per intensità (o per entrambi). A fare il bello è il cattivo tempo è in particolar modo l’allergia, che coinvolge il sistema immunitario e quindi determina una sintomatologia spesso e volentieri sistemica. Le intolleranze alimentari, invece, producono prevalentemente sintomi gastrointestinali. Discorso a parte per la celiachia, che tecnicamente non è un’allergia, ma coinvolge ugualmente il sistema immunitario.
La distinzione tra intolleranza e allergia, tuttavia, assume una posizione di secondo piano per quanto concerne gli approcci terapici, o per meglio dire “di gestione”. Al netto di alcune eccezioni, che riguardano i casi di “scarsa tollerabilità”, intolleranze e allergie vanno trattate allo stesso modo, ovvero evitando le sostanze che creano i disturbi. Nella quasi totalità dei casi, infatti, non esiste una terapia risolutiva e quindi la guarigione è un’ipotesi da escludere.
Ne è consapevole chi viene raggiunto da una diagnosi di intolleranza o allergia. L’impatto emotivo della diagnosi è molto forte proprio per l’impossibilità di raggiungere una guarigione completa. Sia chiaro, il disorientamento iniziale è fisiologico e giustificato. Tuttavia, deve essere destinato a durare poco, ovvero il tempo necessario a prendere atto della buona notizia riguardante intolleranti e allergici: convivere con questi disturbi si può! E’ possibile quindi convivere con i disturbi alimentari senza rinunciare ai propri piatti preferiti e senza dire addio al proprio stile alimentare.
Non surrogati ma scelte alimentari consapevoli
Le intolleranze alimentari e le allergie si combattono non solo con le armi della medicina, ma anche attraverso un cambio di mentalità, che a sua volta coinvolge il modo di intendere la cucina. Il trucco è semplice, basta non guardare agli alimenti anallergici e anti-intolleranze come a dei surrogati degli “alimenti normali”. Gli alimenti per intolleranti sono infatti alimenti dotati di una propria specificità e in grado di offrire molto sul piano organolettico e visivo.
Chi soffre di intolleranze alimentari e di allergia non dovrebbe replicare il consumo di latte, pane o altri alimenti, ma dovrebbe valorizzare gli alimenti a cui può attingere in tutta sicurezza. Adottare questo approccio significa innanzitutto svincolarsi dal ruolo del “malato”, focalizzandosi in realtà su altri alimenti.
Ad aiutarci in questo senso c’è la natura con le sue molteplici varietà. Gli alimenti che fanno al caso del celiaco, o all’intollerante al lattosio, sono numerosi e spesso buoni e belli da vedere; inoltre sono molto versatili in quanto possono dare inizio a molte ricette davvero sfiziose. Non lo sono solo per chi soffre di queste patologie, ma anche per tutti gli altri. Le implicazioni dal punto di vista sociale sono evidenti.
Col mio sito di cucina porto avanti esattamente questa filosofia. Non è solo uno spazio per conoscere ricette, ma anche un vero e proprio manifesto per chi vuole affrontare le intolleranze alimentari con armi meno tediose di quelle esclusivamente sanitarie. In quest’ottica la farina di riso non è un surrogato della farina tradizionale, ma un elemento a parte con cui realizzare ricette deliziose, che si abbinano con una grande varietà di ingredienti. E lo stesso, ovviamente, si può dire delle farine di amaranto, di fonio, di quinoa etc. Un discorso simile può essere fatto anche per l’intolleranza al lattosio. Al netto della possibilità di delattosare il latte, le varianti vegetali godono di una propria dignità gastronomica e porgono il fianco a un interessante approccio creativo in cucina.
Tra l’altro, questo cambiamento forzato pone le condizioni per un viaggio attraverso le cucine alternative e gli alimenti più esotici. Ecco che si capovolge la prospettiva: intolleranze e allergia non sono solo una condizione gestibile, ma anche un’occasione di arricchimento.
Intolleranze alimentari e socialità, un falso problema
Un altro dei motivi per cui la diagnosi di intolleranza o allergia fa molta paura, gettando nello sconforto chi ne soffre, riguarda le implicazioni per la vita sociale. Chi ha ricevuto una diagnosi da poco è convinto nella maggior parte dei casi che la sua patologia inciderà negativamente sulle occasioni di socialità, sia dal punto di vista psicologico – emotivo che dal punto di vista pratico. Il timore è quello di sentirsi diversi e in qualche modo lontani dai canoni della normalità, questo può portare a disagi anche tra parenti e amici.
In realtà sono paure infondate. In primo luogo una condizione patologica non corrisponde a una condizione di “anormalità” (al netto dell’inconsistenza semantica del termine). Secondariamente basta un minimo di organizzazione e di consapevolezza per gestire anche le occasioni di socialità. Anzi, quando queste si svolgono fuori di casa, ossia nei locali adibiti alla ristorazione, la questione è addirittura più semplice. I gestori infatti sono nella maggior parte dei casi preparati ad accogliere clienti con intolleranze e allergie. In ogni caso basta informarsi prima e scegliere di conseguenza.
Ma il problema non si pone nemmeno se si mangia a casa di altri, o se si invitano a casa propria delle persone. In primo luogo perché le diagnosi di questo tipo non fanno scalpore in quanto sono ormai molto diffuse. In secondo luogo perché i piatti per chi soffre di intolleranze alimentari sono in realtà buoni per tutti, anche per chi non soffre di alcun disturbo. Al netto di tutto ciò, se si pone attenzione al tema della contaminazione alimentare, cucinare per intolleranti alimentari (o per allergici) è più semplice di quanto si possa immaginare.