Brasato al Barolo: il segreto piemontese della carne che si scioglie in bocca
Brasato al Barolo, ecco un secondo piatto gustoso e nutriente
Il brasato al Barolo è uno di quei piatti che raccontano subito il Nord Italia: profumo di vino rosso importante, cottura lenta, carne che si lascia tagliare senza fatica. È una preparazione che nasce dalla tradizione piemontese, ma che ormai troviamo sulle tavole di tutta la penisola, perché un buon brasato mette tutti d’accordo. E se amate i piatti di sostanza, quelli da pranzo della domenica, è impossibile non pensare a lui accanto a un purè o a una polenta morbida.
In fondo è la stessa famiglia di gusto dei tajarin al Barolo e dei grandi piatti della cucina italiana: ingredienti semplici, ma scelti bene. Qui la carne ha un ruolo centrale, perciò vale la pena prenderla di buona qualità, come spiegato anche nella nostra pagina dedicata alla carne. Un taglio ricco di tessuto connettivo, un Barolo autentico e un mazzetto di verdure fanno già metà del lavoro.
Quello che spesso fa la differenza, però, è la cottura. Il brasato non è una ricetta “veloce”: è una ricetta “accudita”. Serve una pentola che trattenga bene il calore, meglio se in ghisa o di quelle pesanti con coperchio che chiude bene, perché solo così il brasato rimane umido, non si asciuga e la salsa finale viene bella lucida. In pratica, scegliere la pentola giusta è parte della ricetta tanto quanto scegliere il vino.
Partendo da questi presupposti – buoni ingredienti, contenitore corretto e cottura lenta – il brasato al Barolo diventa un secondo piatto gustoso e nutriente, perfetto anche per le giornate fredde o per quando volete fare bella figura senza dover stare ai fornelli all’ultimo minuto. Nelle sezioni qui sotto vediamo storia, tagli più adatti, marinatura e adattamenti per chi ha intolleranze, così puoi inserirlo nel tuo menù in modo sicuro e inclusivo.
Ricetta brasato al barolo
Preparazione brasato al barolo
- Per preparare il brasato al Barolo sistemate la carne in un recipiente idoneo con tutte le spezie e il vino rosso e lasciate marinare per una notte (o almeno 12 ore) .
- Togliete la carne dalla marinata e tenete da parte i liquidi. Fatela rosolare a fuoco vivo, nel burro già caldo assieme al rosmarino, sempre nello stesso tegame.
- Mondate e lavate tutte le verdure.
- Quando la carne si è ben colorita, unite le verdure tagliate a pezzi e gli spicchi d’aglio. Fate rosolare il tutto per circa dieci minuti, quindi aggiungete il liquido della marinata, il sale e il pepe in grani.
- Proseguite la cottura a fuoco molto basso e a tegame coperto rivoltando la carne ogni tanto e bagnandola con il fondo di cottura. Lasciate cuocere per circa 3 ore.
- A fine cottura togliete la carne dal tegame e passate il liquido di cottura attraverso un colino a maglie fini.
- Versate la salsa ottenuta sulla carne tagliata e fette. Servite con una bella polenta calda!
Ingredienti brasato al barolo
- 1 kg e 500 di polpa di manzo (scamone o cappello del prete)
- 1 bottiglia di Barolo
- 3 carote
- 2 cipolle
- 1 gambo di sedano
- 3 foglie di alloro
- 4 chiodi di garofano
- 1 piccola stecca di cannella
- qualche bacca di ginepro
- 2 spicchi d’aglio
- 1 rametto di rosmarino
- 70 gr. di burro chiarificato
- q. b.di sale e di pepe nero in grani.
Brasato al Barolo: storia, tecnica e varianti
Quando si parla di brasato al Barolo si entra in una zona affettuosa della cucina italiana, quella dei piatti che profumano tutta la casa e mettono d’accordo tre generazioni. È uno di quei secondi che non si fanno “al volo”, perché nasce per le domeniche lente, per le cene d’inverno, per le tavole con i parenti. E nasce in Piemonte, tra Langhe e Roero, dove il Barolo non è solo un vino, ma un ingrediente.
La sua forza sta nel tempo: tempo di marinare, tempo di rosolare, tempo di cuocere. Qui non si corre. La carne, spesso cappello del prete o scamone, viene lasciata a bagno nel vino con verdure e spezie così che il rosso importante penetri bene nelle fibre e faccia il suo lavoro. È questa la magia che permette di ottenere una carne tenera, succosa, che non si sfilaccia male ma si taglia morbida e resta umida.
In molte famiglie il brasato al Barolo coincide con le feste: Natale, Capodanno, comunioni. È un piatto che arriva in tavola già affettato e nappato con la sua salsa lucida, e tutti sanno che sotto quella salsa c’è un lavoro serio. È anche un modo delicato per far incontrare carne rossa, vino importante e verdure, senza eccessi e senza sprechi.
Qui raccogliamo tutto: la tradizione, la tecnica di brasare, le alternative al Barolo, i tagli meno costosi, le idee per chi è intollerante. Perché il brasato è uno, ma le strade per farlo sono tante.
Origini piemontesi e ruolo del Barolo
Il brasato al Barolo nasce in Piemonte, nelle case dove il vino non era una comparsa ma un tesoro da usare anche in cucina. Le Langhe hanno trasformato il Nebbiolo in un vino aristocratico e questo vino è diventato, per estensione, l’ingrediente di un secondo piatto da festa. Non è un caso che nella storia gastronomica locale compaia spesso il nome della marchesa di Barolo, Giulia Colbert Falletti, che contribuì a dare al Barolo quella struttura elegante che conosciamo oggi: se il vino è importante, il piatto che lo usa deve esserlo altrettanto.
La cucina contadina piemontese aveva bisogno di valorizzare i tagli anteriori, più nervosi e ricchi di tessuto connettivo. Il brasato è uno dei modi più intelligenti per farlo: lunga cottura, umidità costante, caldo uniforme, niente fretta. Il vino rosso strutturato, con tannino e profumi di frutta rossa e spezie, lega benissimo con sedano, carota, cipolla e con quelle note più balsamiche di alloro o rosmarino.
In origine la cottura era tra le braci, da cui il termine “brasare”: la pentola veniva messa accanto o sopra il calore del camino e coperta da tizzoni. Questo tipo di cottura dolce e avvolgente ha dato il nome al metodo. Oggi lo facciamo sul fornello o in forno, ma l’idea non cambia: fiamma bassa e tempo lungo. Quando in carta si legge “cucina italiana brasato” è a questo mondo che si fa riferimento.
Va anche detto che chiamarlo “brasato al Barolo” significa usare davvero Barolo. Se si usa un altro buon Nebbiolo, un Barbera serio o un rosso delle colline piemontesi, il piatto viene buonissimo lo stesso, ma più onesto chiamarlo “brasato al vino rosso”. Se vuoi un riferimento più generale sull’enogastronomia piemontese puoi partire da qui: approfondisci qui sull’enogastronomia piemontese.
Tagli di carne ideali per il brasato
Perché alcuni brasati vengono teneri e altri restano asciutti? Spesso è una questione di taglio. Il cappello del prete – chiamato anche arrosto della vena o copertina di spalla – è il più indicato: viene dalla spalla, ha venature, ha collagene, tiene bene la forma e dopo tre ore diventa burro. È il taglio che in Piemonte associano subito al brasato e che nei ristoranti tradizionali trovi quasi sempre con questa preparazione.
Ma non è l’unico. Si possono usare scamone, fesone di spalla, pesce o campanello, reale o coppa, geretto se ti piace la parte più gelatinosa. Tutti i tagli che hanno un po’ di grasso interno e tessuto connettivo vanno bene. Sono proprio quelle parti che, con il calore lento, si sciolgono e trasformano una carne normale in una carne succosa. Per questo in tante schede tecniche si legge “brasato carne per lunghissime cotture”.
Quando si lavora con Fassona piemontese bisogna stare più attenti: è una carne magra, bellissima, ma in cottura lunga rischia di asciugare. In questi casi o si aggiunge un filo di lardo, o si lavora con la marinata più ricca di verdure, o si sceglie un taglio della Fassona un po’ più marezzato. È qui che i maestri della carne entrano in gioco: lavorano di tecnica, controllano la temperatura, a volte usano il sottovuoto per non disperdere i succhi.
Chi cucina in casa può stare sereno: basta chiedere al macellaio “un pezzo per brasato” e specificare che si cuoce tre ore nel vino. Loro sanno. È sempre meglio un taglio “medio” ma adatto alla cottura che un taglio nobile sbagliato. Il filetto di manzo al Barolo, ad esempio, è un’altra cosa: il filetto non si braserebbe mai tre ore, è un secondo più rapido e più caro, non il brasato della nonna.
Marinatura e cottura brasata
La marinatura è la firma del brasato al Barolo. Carne immersa in Barolo, sedano, carota, cipolla, alloro, chiodi di garofano e grani di pepe per 12-24 ore. Non è un passaggio scenografico, è funzionale: l’acidità e l’alcol del vino ammorbidiscono le fibre, le verdure donano profumo, le spezie avvolgono. Se si salta questo step il risultato è comunque buono, ma meno profondo, meno “piemontese”.
Dopo la marinatura si scolano carne e verdure, si tampona la carne e spesso la si infarina leggermente. Qui entra la cottura brasata: casseruola pesante (Le Creuset, ghisa o cocotte simili), fondo d’olio o burro chiarificato, carne rosolata da tutti i lati per chiudere i succhi. Poi si rimettono le verdure, si filtra la marinata e si aggiunge quasi tutta, si copre e si lascia andare dolcemente. Fiamma bassa, coperchio ben chiuso, nessuna fretta.
La cottura può durare tre ore o anche più, a seconda del pezzo. Il segnale è sempre lo stesso: quando infili la forchetta e non trovi resistenza, il brasato è pronto. A fine cottura si toglie la carne, si frulla il fondo di cottura e si ottiene quella salsa scura, vellutata, profumatissima. È la stessa logica dello stracotto di manzo al Barolo: lunga permanenza nel liquido aromatizzato fino a completa cessione dei succhi.
Chi ama la precisione parla spesso di “cottura brasato di manzo in forno”: stessa cosa, ma in forno statico a 150-160 °C, cocotte chiusa e zero spifferi. È un metodo molto amato da chi usa casseruole di qualità, perché il calore avvolgente del forno simula la vecchia cottura nel camino. E per chi vuole capire il metodo, la frase chiave è “brasare in cucina”: rosolare, bagnare, coprire, cuocere a lungo e dolcemente.
Brasato al Barolo e altre varianti
Quando si parla di varianti non si intende stravolgere il brasato al Barolo, ma adattarlo ai tempi e agli strumenti. C’è chi riduce la marinatura a 6-8 ore perché lavora e ha bisogno di anticipare, c’è chi preferisce il forno per tenere più pulito il gusto, c’è chi usa un Nebbiolo importante al posto del Barolo quando il piatto non è “di rappresentanza”. Sono tutte strade valide, se la cottura resta lenta e coperta.
Le versioni più tecniche puntano su tre aspetti: temperatura controllata, scelta del vino con tannino equilibrato e finitura molto pulita della salsa. A volte viene eliminata del tutto l’infarinatura iniziale, e si preferisce addensare solo con la verdura frullata. È un modo di lavorare che dà risultati eleganti, adatti anche alla ristorazione.
Non va dimenticato lo stracotto: stracotto di manzo al Barolo e brasato sono parenti stretti. Cambia spesso la quantità di liquido e la durata. Lo stracotto tende a cuocere ancora di più, quasi a sfaldarsi, a volte viene servito sfilacciato con la sua salsa, perfetto per polenta o tajarin burro e salvia. Anche molte “ricette con brasato” nascono proprio dagli avanzi dello stracotto.
Se in carta vuoi distinguerti puoi proporre “brasati al Barolo” come categoria: manzo, guancia, coda brasata al Barolo, perfino anatra brasata al Nebbiolo. È una bella idea per chi ha clienti che amano la cucina tradizionale piemontese ma sono curiosi. E mantiene viva la tecnica di brasare anche fuori dall’inverno.
Come servire e con cosa abbinarlo
Un brasato al Barolo ben fatto si presenta a fette, non troppo sottili, nappate di salsa calda e lucida. La carne deve ancora tenere la forma ma cedere al coltello. In Piemonte lo trovavi spesso con il purè morbido o con la polenta, perché questi contorni fanno da “cuscino” alla salsa. Anche le patate al forno vanno bene, ma meglio se discrete, per non rubare la scena.
Molto bello l’abbinamento con le verdure dolci d’inverno: carote glassate, zucca al forno, cipolle borettane. Sono sapori che dialogano bene con il vino rosso ridotto. E se vuoi stare super tradizionale, il brasato si può portare in tavola dopo un primo piemontese importante, tipo agnolotti del plin o tajarin. È la classica tavola delle feste.
Per il vino da bere in abbinamento la risposta più semplice è: lo stesso vino usato in cottura. Bere Barolo con brasato al Barolo è una piccola felicità. Ma un buon Nebbiolo, un Gattinara, un Ghemme, o anche un Pinot Nero strutturato possono funzionare. L’importante è che il vino nel bicchiere non sia troppo leggero rispetto al piatto.
In un contesto più moderno si può servire il brasato sfilacciato, dentro una patata schiacciata o perfino in un panino gourmet. In quel caso cambia anche il contorno: coleslaw delicata, cavolo viola, cipolle caramellate. È un modo per recuperare gli avanzi senza perdere il carattere del piatto.
Ricette con avanzi di brasato al Barolo
Quando avanza il brasato al Barolo è quasi un peccato riscaldarlo e basta, perché quella carne cotta a lungo, già insaporita da vino e verdure, diventa una base straordinaria per altre preparazioni. Basta sminuzzarla o tritarla e si ottengono subito ripieni morbidi per ravioli e tortellini, magari mescolati con un po’ di ricotta o con del Parmigiano stagionato. È il modo più naturale per riportare in tavola il brasato senza che sembri “avanzo”, ma piuttosto un piatto di pasta fresca della domenica.
Dalla stessa carne sfilacciata nasce anche un ragù di brasato al Barolo ricchissimo: cipolla, sedano e carota fatti andare piano, poi la carne tritata e il suo fondo di cottura, magari con poco pomodoro. Viene un sugo scuro, profumato, perfetto per condire tajarin, pasta all’uovo o per stratificare una lasagna rustica. La stessa base, con pane ammollato e uovo, può trasformarsi in polpette morbidissime, da cuocere in forno o con una salsa leggera di verdure.
Chi ama le soluzioni più moderne può usare le fette di brasato al Barolo in panini e focacce: un pane croccante, salsa alla senape o maionese aromatizzata, un po’ di rucola o di cipolle caramellate e il gioco è fatto. Funziona anche come ripieno per torte salate, empanadas o strudel salati, mescolando la carne con spinaci, funghi o patate. Sono idee utili quando gli avanzi sono pochi ma saporiti e serve “allungarli” per più persone.
Anche i primi piatti di recupero sono interessanti: il fondo del brasato insaporisce un risotto, arricchisce minestre e vellutate, dà carattere a una zuppa di verdure. E con qualche foglia d’insalata, crostini e una salsa allo yogurt nasce pure un piatto freddo per il pranzo. Tenendo il brasato in frigorifero 2-3 giorni si riesce a riciclare tutto, persino in chiave fusion, con tacos o piadine, evitando ogni spreco e valorizzando il lavoro della cottura lenta.
Diete, intolleranze e strumenti di cottura
Chi ha intolleranza al lattosio può stare piuttosto tranquillo: la versione classica del brasato al Barolo non prevede latte, panna, formaggi. L’unico punto di attenzione è il grasso di rosolatura: se si usa burro, meglio burro chiarificato o burri delattosati. Con un buon olio extravergine si risolve velocemente. Per il glutine, basta non infarinare la carne o usare farina di riso o di mais finissima per la rosolatura.
Per chi segue una linea FODMAP o ha bisogno di controllare le verdure, la parte più critica è il soffritto classico con cipolla. Si può ammorbidire usando il verde del porro, la parte verde della cipollina o, se proprio serve il sapore, una piccola dose di infuso di cipolla tolta prima della cottura vera. Per tutto il tema FODMAP ricordo sempre la pagina di riferimento di NonnaPaperina: dieta FODMAP: guida completa.
Se l’intolleranza è al nichel e deve essere citata, andrà valutata la scelta di pomodoro (se presente nella variante) e delle pentole: meglio strumenti idonei, evitare lunghe cotture in contenitori non adatti. In generale le cocotte in ghisa tipo Le Creuset sono ideali per la cottura brasata: mantengono il calore, non disperdono l’umidità, permettono di usare meno grassi e di controllare bene il bollore.
Chi cucina per più persone o per clienti con intolleranze diverse può dividere il fondo di cottura in due: una parte con soffritto “classico”, una parte con verdure più leggere e senza farina. Stessa carne, stessa cottura, salsa finale diversa. È un trucco da ristorante inclusivo che funziona anche a casa.
Faq su brasato al Barolo
Il brasato al Barolo e lo stracotto sono la stessa cosa?
Sono parenti stretti ma non identici. Il brasato lavora più sul vino e sulle verdure, lo stracotto spesso cuoce ancora più a lungo fino quasi a sfaldarsi. Entrambi però puntano sulla cottura lenta.
Che carne usare per il brasato al Barolo?
La scelta migliore resta il cappello del prete, ma vanno bene anche scamone, fesone di spalla, reale o geretto se piace la parte gelatinosa. L’importante è il tessuto connettivo.
Posso fare il brasato senza Barolo?
Sì, ma allora è più corretto chiamarlo brasato al vino rosso. Usa un Nebbiolo, un Barbera strutturato o un rosso di buona qualità, meglio se piemontese, per restare nello stile.
Quanto deve marinare la carne?
L’ideale è tra 12 e 24 ore in frigo, con carne completamente coperta da vino e verdure. La marinata poi si filtra e si usa in cottura per dare ancora più profumo.
Come ottenere una salsa liscia e lucida?
A fine cottura togli la carne, frulla bene il fondo con le verdure e, se necessario, fai ridurre ancora qualche minuto. Così ottieni la salsa che avvolge le fette.
Il brasato al Barolo è adatto a chi è intollerante al lattosio o al glutine?
Sì, basta scegliere grassi senza lattosio e non infarinare la carne o usare farine naturalmente senza glutine. È un secondo piatto che si adatta molto bene alle cucine inclusive.
Ricette con vino ne abbiamo? Certo che si!
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